di Francesca Bonsignori, docente Naturopatia scuola EFOA
Osservare la Natura e comprendere l’Essere Umano
In tutte le medicine antiche troviamo delle logiche comuni, espresse in forme diverse, e in tutte emerge un obiettivo di fondo, quello di comprendere la struttura e il funzionamento dell’essere umano.
Le regole che sottendono a tutto ciò che esiste
Ma prima ancora di rivolgere l’attenzione su come funziona, si analizzano quali regole sottendono a tutto ciò che esiste, su quali forze e potenze si esprime l’intera manifestazione e la vita.
Ciò è essenziale in quanto anche l’Uomo esprime la vita secondo gli stessi principi di tutto quanto è vivente.
Qualunque essere vivente, immenso o piccolo che sia (dalla Natura considerata nella sua totalità a un microbo), funziona secondo gli stessi principi, i principi della Vita (Prana in India, Qi in Cina, Ki in Giappone).
Esempio:
qualunque essere vivente esprime una fase di crescita che va verso il massimo dell’espressione vitale (yang) e che poi va a diminuire fino a smorzarsi e morire (yin).
Ogni essere vivente alterna fasi di attività (yang) a fasi di riposo (yin), e si rigenera con il riposo.
Questa regola non vale per le cose non viventi.
Un oggetto non ha bisogno di riposo, o meglio, non si rigenera con il riposo, ma va a deteriorarsi progressivamente finché un giorno non decidiamo di buttarlo via.
Ecco che le medicine antiche (l’Ayurveda, la Medicina Tradizionale Cinese, l’Alchimia e Spagiria e numerose altre) mettono al centro la comprensione delle regole che muovono l’Universo, analoghe a quelle che gestiscono il funzionamento fisico e psichico dell’Uomo.
In natura ogni essere è diverso da tutti gli altri
Da quanto premesso emerge già la differenza di punto di vista rispetto alle medicine moderne, fondate sull’analisi statistica di quanto un organo o una qualunque funzione si discosta da parametri ottimali calcolati su una media, sia pur ricavata da un numero molto elevato di individui.
In ogni caso in questa ottica non conta quanto la persona sta esprimendo i principi della vita, quindi come funziona, ma come e soprattutto quanto non funziona, e la cura data va ad agire direttamente sui parametri alterati, indipendentemente da cosa abbia portato ad alterare i parametri.
Consideriamo poi che ciascuna persona ha dei suoi propri parametri ottimali, diversi da ciascun individuo, che è impossibile fissare.
Prendiamo le tabelle che fissano il peso normale in base all’altezza.
Il range di variabilità dovrebbe prevedere circa 10 kg di oscillazione, per poter includere tutte le casistiche, e dunque la tabella non ha nessun senso.
Per quanto si possano creare delle tabelle in base al sesso, età, peso e altro, non si potrà mai tener conto degli aspetti psichici, così come del fatto che i parametri sono variabili, e dovrebbero essere rivalutati assieme ai nostri costanti cambiamenti.
Le medicine antiche osservano l’espressione della vita nella persona
Tornando alle medicine antiche, per tutte è centrale capire se la persona sta esprimendo al meglio la vita, se sta permettendo alle forze che la governano di potersi realizzare e di relazionarsi adeguatamente con le altre.
In presenza così come in assenza di sintomi, ci offrono gli strumenti per capire eventuali disarmonie o carenze di espressione di queste forze, indipendentemente da quanto accade sul piano ponderale.
Tali forze non sono infatti misurabili con gli ordinari strumenti che misurano il piano fisico, dal momento che appartengono al mondo della qualità, che a sua volta influenza il piano fisico.
Esempio:
l’entusiasmo verso un’attività non lo posso misurare, ma si tratta di una forza più che concreta che mi porta a realizzare o meno dei progetti.
La Vita è sostenuta proprio da queste forze, che quando non funzionano al meglio impediscono anche all’espressione vitale di manifestarsi pienamente, e che le medicine antiche cercano di padroneggiare per ottenere lo stato di benessere.
Una semplice legge: Yin-Yang
Vale dunque molto la pena comprendere queste forze e le loro leggi, e per questo osserviamo la Natura, partendo dalle due forze principali che rappresentano la vita: Yin e Yang.
Il principio Yin/Yang, fondamento dell’antico pensiero cinese, nella sua semplicità ci apre le porte ad una comprensione profonda di noi stessi e di tutto quanto è vivente.
Ciascuno di noi può farsi un’idea se nel proprio carattere, nei comportamenti, nella psiche come nel corpo dominano aspetti yang (mente, apertura, movimento, leggerezza), oppure yin (corpo, chiusura, staticità, pesantezza).
In questa valutazione è normale non definire di preciso la nostra natura, dal momento che non tutti i giorni abbiamo lo stesso umore, la stessa voglia di essere attivi o di riposare, la stessa attività mentale e le stesse richieste del corpo.
Questo accade proprio perché l’espressione della vita non è mai la stessa, così come non possiamo descrivere esattamente e numericamente lo stato di salute.
Nello stesso tempo sappiamo individuare una sensazione di distonia, esprimendola con frasi come “oggi non sono in piena forma”, oppure “mi sento stanco”, ma anche “oggi ho voglia di godermi la vita”.
Per inciso, è superiore la tendenza ad evidenziare il bicchiere mezzo vuoto a fronte del bicchiere mezzo pieno, in quanto è più immediata la percezione del disagio rispetto a quella del benessere, quest’ultima ritenuta normale e meno stimolante.
Nello yoga, tutti sono capaci di percepire una parte dolente in un asana, ben più arduo è percepire le parti del corpo che ci ringraziano per la pratica, ancora più difficile è percepire quelle neutre, non direttamente stimolate.
Conoscere la nostre caratteristiche ci porta ad una migliore gestione di ogni aspetto della nostra vita
La qualità della nostra condizione vitale passa per la valutazione di una dinamicità, all’interno della quale ci troviamo più o meno distanti da una condizione di armonia, che ad ogni istante muta, così come dal momento della nascita non abbiamo mai effettuato un respiro identico ad un altro, talmente tante sono le sfumature con cui un ritmo si esprime in natura.
La natura non ripropone mai le stesse stagioni a livello climatico, eppure noi sappiamo che dopo la stagione fredda, per quanto troppo fredda o troppo poco fredda, prima o poi la natura scivolerà verso la stagione calda, e così via.
Solo le cose finte e sintetizzate a tavolino sono uguali, non le cose viventi.
E noi riconosciamo che una cosa si sta ammalando quando permane staticamente in una condizione, facendo fatica ad uscirne, fino ad arrivare alla malattia che equivale a non essere più in grado di cambiare.
Riportiamo questi principi nella nostra pratica di yoga
Ogni posizione è perfetta quando esprime noi stessi, in linea con la nostra struttura, il nostro livello di mobilità, di forza, il nostro atteggiamento psichico-mentale.
Forzare la parte esteriore, la buccia della posizione con la folle idea di perfezionarla, come troppo spesso avviene, ci allontana ancora di più dal nostro corpo e dalla percezione di come la vita si esprime in noi.
Agire sull’abito per fare il monaco di solito peggiora tanto l’abito che il monaco.
Per entrare in questa logica, iniziamo da una torsione dove non siamo abituati a considerare un punto di arrivo particolare.
L’aspetto centrale di questo asana è sentirsi avvitare, come a voler rivolgere l’attenzione alle nostre spalle, mentre è secondario quanto il nostro tronco si avvita.
- Partendo semplicemente dalla posizione a gambe incrociate, mantenendo un respiro fluido e tranquillo ci avvitiamo attorno al nostro asse, con un movimento molto lento verso sinistra, senza fissare un punto di arrivo.
- Inizialmente utilizziamo le nostre mani solo come riferimento spaziale, portando la mano destra sul ginocchio sinistro, la mano sinistra a terra dietro la schiena.
- Se lo riteniamo opportuno, sul finale aggiungiamo la leva delle mani per aumentare la torsione, ma sempre senza forzare.
Mantenendo la posizione continuiamo a gustarci la sensazione di avvitamento, la vitalità della colonna e dell’insieme, la stimolazione del respiro naturalmente più attivo, in pratica una sensazione di gran benessere e piacere.
Il quadro sarebbe stato ben diverso se avessimo dato un valore a raggiungere un certo avvitamento.
La nostra mente non si sarebbe goduta il contatto con il corpo, ma avrebbe cominciato ad inseguire con la fantasia un traguardo probabilmente irraggiungibile.
La posizione percepita dal praticante, così come vista da un osservatore esterno, avrebbe un qualcosa di innaturale e distonico, lontana dalle esigenze del corpo e dall’espressione della qualità della vita.
A questo punto vi invito a scegliere la posizione per voi più facile e confortevole, che sentite di poter raggiungere e mantenere agevolmente, senza obiettivi astratti e solo mentali, senza lottare con il vostro corpo, ma vivendo con piacere la pratica.
Al termine della posizione percepirete una sensazione di benessere che solo l’esperienza può descrivere.