Digerire è facile

A cura di Roberto Laurenzi, fondatore e direttore didattico della Scuola di Naturopatia EFOA

Passiamo la vita a digerire

Anche se non ce ne rendiamo conto, passiamo la vita a digerire, in quanto ogni pasto, nel migliore dei casi, impiega 16 ore a transitare in noi e ad uscire, ma non è raro che impieghi anche più di un giorno…

La digestione

Se volessimo sfruttare per la digestione tutto il nostro potenziale, dovremmo alzarci, andare al bagno, mangiare e passare tutto il giorno a digerire quanto mangiato, poi andare a letto…!

Dunque un unico pasto al giorno (e ci va bene perché il serpente boa ci mette anche un mese a digerire…)

Considerando che la giornata è fatta di 24 ore, se ne impiego 8 a dormire e 16 a digerire, appare ovvio che non ho tempo di fare altro.

Cioè ho tempo di fare quello che voglio, cominciando dal fatto che posso benissimo dormire molto di meno (lo faccio da anni), effettuare 3 pasti al giorno, oltre a vari spuntini, lavorare almeno 8 ore al giorno (più il tempo necessario ad andarci, il che è sempre un lavoro…), svagarmi e fare anche tante altre cose…

Questo è vero, ma, facendo così non lo farò con tutto il mio potenziale, ma solo con una parte di esso, in quanto dividerò la mia energia, la mia vitalità, la mia attività metabolica, la mia attenzione consapevole e tanto altro con la mia digestione.

Se quest’ultima non sarà brillante, questo dipenderà dal fatto che non dedico ad essa il tempo necessario.

Tre pasti al giorno

Siamo sicuri che 3 pasti al giorno siano naturali?

Certo, noi siamo abituati a mangiare 3 volte al giorno e consideriamo naturale questa abitudine, ma la natura ci ha programmato così? Cerchiamo di osservare i nostri processi metabolici e scopriremo tante cose nascoste.

Noi abbiamo tanto bisogno di respirare, effettuiamo mediamente 9 respiri al minuto, e se veniamo privati del respiro per 10-15 minuti, possiamo scoprire se esista o meno la reincarnazione… Noi abbiamo bisogno di bere e, se non lo facciamo, rischiamo di morire già solo dopo 3-4 giorni…

Certamente abbiamo bisogno anche di mangiare, ma possiamo resistere anche oltre 40 giorni prima di passare a migliore esistenza.

Il che sta a significare che l’organismo umano è programmato a mangiare raramente, certamente non tutti i giorni (mentre lo è per il bere…), ma per alcune volte la settimana.

Questo si spiega con l’adattamento alle varie Epoche Glaciali, ma anche ad un modo diverso dall’attuale di concepire l’esistenza.

Il pitone mangia una volta al mese ed è contento (lo so, perché ho un amico pitone…)

L’essere umano mangia per vivere o vive per mangiare?

Attenzione, non è che vi sto proponendo di digiunare, ma solo di ragionare e comprendere perché gli Egizi asserivano che “l’uomo mangia una volta per sé e quattro per il proprio medico…”

Se il processo digestivo nell’uomo impiega 16 ore per compiersi (recenti studi asseriscono che anche nella donna ci mette lo stesso tempo…), ci indica che l’organismo nel frattempo non gradirebbe altre mansioni, vediamo di spiegarci meglio.

Quando il cibo si trova nel piatto, se noi lo osserviamo, lo odoriamo, lo tocchiamo e lo pregustiamo (quindi ci dedichiamo solo ad esso, senza distrazioni), mettiamo in atto una potente stimolazione metabolica di tutto l’apparato digestivo, iniziando a secernere saliva e succhi gastrici; non saliva generica, ma quella specifica per quel particolare cibo (il nostro organismo sa secernere oltre 250 tipi diversi di saliva), e non succhi gastrici generici, ma quelli adatti a quel particolare cibo (lo stomaco, succhi più o meno acidi, a seconda che si introduca o no della carne, il pancreas più o meno insulina, a seconda dello zucchero che si sta per introdurre, la cistifellea più o meno bile, a seconda del grasso che si sta per assumere, ecc.)

Se siamo concentrati nell’attenzione sensoriale al cibo che ci accingiamo ad introdurre, avverrà tutto questo, ma non solo.

Infatti, dopo tutte queste stimolazioni, l’organismo ci invierà un feed-back di gradimento o meno di determinate sostanze e, a quel punto, potremo scegliere cosa mangiare, seguendo anche quanto ci comunica il nostro organismo, mentre ordinariamente abbiamo solo un pentimento postumo (quando ce lo abbiamo…)

Se siamo concentrati durante la masticazione, allora gusteremo il cibo molto più completamente, masticandolo a lungo, lasciandolo scivolare sulla lingua, per sentirne il gusto, il retrogusto, le varie componenti, la miscela di sapori che lo compongono e come questi si modificano continuando ad assaporarlo, proprio come fa un gourmet (che, solitamente, mangia poco).

Ognuna di queste variazioni serve al nostro metabolismo che può scegliere i succhi con cui digerire quanto sta assimilando, in base agli elementi che è riuscito a trarre dai propri sensi, gustando il cibo.

Chi trangugia velocemente, chi si ingozza, chi mangia distrattamente, chi fa prevalentemente altro mentre mangia, chi pensa ad altro (lavoro, problemi, distrazione, ecc.), invia al suo interno del cibo che forse avrebbe rifiutato se lo avesser percepito consapevolmente, e non mette in grado il proprio organismo di selezionare i succhi adatti a quello che sta ingoiando.

Il risultato sarà una digestione imperfetta, una assimilazione imperfetta, un assorbimento improprio che porterà nel sangue e nella linfa delle scorie che l’organismo non è programmato ad eliminare.

Infatti, il nostro sistema escretorio è specializzato nell’eliminazione dei prodotti derivati dalla digestione cellulare, delegando l’escrezione degli altri metaboliti al muco emesso attraverso le varie mucose o agli essudati che fuoriescono dalla pelle.

Perciò , se, quando mangiamo, dedichiamo tutto noi stessi al cibo, digeriremo tutto e sapremo scegliere ascoltando il nostro organismo che ci consiglia quanto ad esso conviene. Se siamo distratti, allora creeremo molti problemi al sistema.

Il chilo e seguenti      pesi-e-misure-7_2481431

Se, appena mangiato, ci mettiamo in poltrona a fare il chilo, gustando lo stato di sazietà e la digestione che si sta effettuando, allora tutto il nostro potenziale vitale si concentrerà nello stomaco e, insieme ad essa, vi si veicolerà una maggiore quantità di sangue, tutto quello disponibile per la digestione in un corpo a riposo.

Se, invece, dovremo ripartire quel sangue con il cervello (attività mentale) o con i muscoli (attività fisica) o con entrambi, allora si dovrà digerire con meno sangue e non sarà la stessa cosa…

Lo stesso processo prosegue, ma da un certo momento in poi (cioè dalla fase del “chilo” che dura una mezz’ora) l’intero processo scivola nell’inconscio, permettendoci di attivarci altrimenti.

Vediamo cosa vuol  dire tutto ciò , che cosa comporta e come è meglio procedere.

Esistono dei momenti durante i nostri processi fisiologici nei quali è importante l’attenzione volontaria, mentre in altri momenti è sufficiente che il tutto avvenga su di un piano di coscienza più basso.

Essere consapevoli è necessario quando bisogna scegliere ed è necessario regolarsi, mentre durante un processo metabolico ordinario non è più necessario perché questo venga regolarmente eseguito (anzi si rischia di non farlo espletare nei modi dovuti), peraltro torna di nuovo ad essere utile, quando il processo metabolico vive un momento di distonia o di alterazione (se non riesco a digerire bene con lo stomaco, portandovi una forte attenzione continuativa, eventualmente con adeguate immagini mentali, posso potenziarne l’attività e ristabilirne il corretto funzionamento).

L’organismo mi permette ciò per farmi dedicare anche ad altre attività, non essendo la digestione del pitone consona all’essere umano (anche se molti di noi la hanno sperimentata anche più volte…)

In pratica, tra annusare, mangiare e iniziare a digerire il cibo passano due ore. Altre 14 sono per noi e le rimanenti 8 per il riposo ed i sogni.

Però, durante queste 14 ore, il cibo continua ad essere nello stomaco, poi nel duodeno, quindi nel tenue ed infine nel crasso, sta sempre da qualche parte a continuare la digestione e richiede la massima forza vitale possibile che il Sistema Nervoso Vegetativo gli possa concedere.

Il cibo nello stomaco, nel tenue e nel crasso contemporaneamente

Se il Sistema Digestivo lo intendiamo come unitario, allora capiremo che esso esplicherà meglio la sua funzione se potrà dare il massimo in ogni tratto del suo percorso, il che comporterà che esso potrà svolgere SOLO una funzione alla volta (solo masticazione, solo stomaco, solo tenue, solo crasso).

Ora, mangiando tre volte al giorno, all’incirca ogni 5 ore, avverrà che saranno impegnati contemporaneamente lo stomaco, il tenue ed il crasso, ognuno dei quali avrà a disposizione solo 1/3 del potenziale digestivo.

Ne conseguirà una digestione imperfetta. E allora? Dovremo mangiare SOLO una volta al giorno? No, dovremmo, non dovremo. Andiamo ad indagare e ne scopriremo delle belle…

La Medina Cinese ed il cibo

La Medicina Cinese da al cibo la valenza Yin (corporea) che implica un’azione sedante, il che vuol dire sia che da sonnolenza, sia che abbassa l’attività metabolica.

Questo effetto è connesso all’attività digestiva che impegna l’intero metabolismo ad un’attività intensa che lo impegna totalmente (ricordiamoci che l’attività essenziale del metabolismo corporeo è volta al mantenimento del corpo e, perciò , rende la digestione la sua attività più importante).

Tutto ciò è vero anche fisiologicamente, in quanto l’organismo invia allo stomaco e poi al tenue la metà del sangue per aumentare calore e funzionalità a questi due apparati fondamentali per cuocere il cibo e trasformarlo.

Ma la Medicina Cinese si occupa anche della Vitalità, ovvero del Qi, la cui natura è corroborante, cioè da forza e energia.

Queste due azioni dicotomiche si scontrano, solitamente a vantaggio dell’aspetto Yin (sedante) perché mangiamo molto più cibo di quello che ci darebbe energia.

Per capire questo, dobbiamo considerare che la maggior parte del cibo assunto diviene materiale di scarto, cioè feci, mentre solo una piccola parte di esso viene assorbito, sotto forma di “brodo”.

Questo andrà alle cellule, attraverso il sangue, che lo assimileranno, trasformandolo in energia (calore, forza, energia corporea) ed i cui residui, trasportati dal sistema linfatico, torneranno al sangue e saranno espulsi dai reni, sotto forma di urina.

L’eccesso di cibo, sia pur digerito, non potrà essere assimilato dalle cellule e dovrà essere espulso affaticando i reni oppure trasformato in grasso (cibo di riserva in piccola quantità, tossine in eccesso).

Ma l’eccessiva quantità di cibo assunto, costringerà l’organismo ad un lavoro per il quale la natura non lo ha programmato (abbiamo visto più sopra che l’organismo umano non prevedeva di mangiare tutti i giorni), costringendolo ad una trasformazione che non riesce a compiere interamente.

La barriera intestinale non riesce a filtrare adeguatamente il cibo non completamente digerito (v. Signalet) e si apre alle macro-molecole indigerite, inquinando il sangue ed il liquido extracellulare (poi, se in eccesso, anche il liquido intracellulare), costringendo il metabolismo, che non sa espellerlo (non essendovi adeguatamente programmato) a depositarlo nel corpo, sotto forma di grasso, o calcoli (renali o biliari), come cristalli nelle giunture, o nelle ossa, artrosi, oppure nel tessuto connettivo, infiammandolo (le parti dolenti dei muscoli o degli organi), ecc.

Ora diviene chiaro il detto egizio: “l’uomo mangia una parte per sé e quattro per il medico”…

Il pensiero ayurvedico

L’Ayurveda (da “ayus” = “longevità” e “veda” = “scienza”, ovvero “scienza della lunga vita”) ci mostra l’importanza dei sensi (Jñanendrija = le facoltà di conoscenza, ovvero i 5 sensi più la propriocezione di sé, del proprio corpo e, nel nostro caso, dei nostri processi fisiologici in atto – lo Yogacikitsa, lo Yoga-Terapia, mira a questo come punto fondamentale della propria prassi terapeutica) nel processo digestivo.

Esso da somma importanza ai sapori (rasa) ed alla vîrya (la forza vitale insita nell’alimento).

I sensi, tramite i sapori, intercettano la forza vitale, rendendola disponibile all’organismo che si attiva solo se adeguatamente stimolato.

Quanto mangiare

Detto tutto questo, dovremo far bene attenzione al modo in cui mangiamo, essendo attenti ad un particolare sempre trascurato, l’effetto corroborante del cibo.

Nel momento in cui iniziamo ad assumere il cibo, se vi prestiamo attenzione, abbiamo un effetto corroborante, ovvero ci sentiamo immediatamente più forti.

E’ il sapore di quello che stiamo introducendo che ci dà questa forza, perché l’organismo SA che quel cibo gli fornirà ci di cui ha bisogno.

Se continuiamo a mantenere questa consapevolezza, ci accorgeremo che ben presto questa stimolazione cessa.

Ci indica che l’organismo smette di richiedere quel determinato sapore (secondo l’Ayurveda noi dobbiamo nutrirci di tutti i 6 sapori e l’organismo sa esattamente quanto di essi ci serve).

E’ il momento di passare ad un altro sapore (è importante comprendere che più i cibi sono “semplici”, più i loro sapori appaiono netti ai nostri organi percettivi).

Se lo facciamo, passandoli tutti in rassegna, allora ci saremo alimentati correttamente, secondo i nostri reali bisogni.

Ma dato che il mangiare “seda”, abbassando la percezione delle nostra frustrazioni, del nostro stress, delle nostre insoddisfazioni (seda, non risolve), allora tutti abbiamo la tendenza a mangiare per tranquillizzarci.

L’elemento corroborante (Yang) inevitabilmente diviene un fattore sedante (Yin), causandoci sonnolenza momentanea e, soprattutto, una digestione imperfetta con conseguente inquinamento interno e creando i prodromi di distonie fisiologiche e mentali, e predisponendoci a disfunzionamenti dei nostri organi costituzionalmente più deboli.

E’ facile rendersi conto di tutto ci con la sonnolenza e l’abbassamento metabolico ed intellettivo post-prandiale.

Abbiamo mangiato troppo, abbiamo mangiato sbagliato e stiamo costringendo il nostro sistema digestivo ad un lavoro improbo, per il quale non è stato programmato.

Ma non solo, stiamo inquinando il nostro sistema interno a circuito chiuso che non ha gli strumenti per espellere quegli inquinanti inopinatamente introdotti che dovrà depositare nelle strutture più deboli della persona.

Il cibo adatto a noi

Quale cibo mangiare? E’ meglio nutrirsi di vegetali? Quale regime alimentare seguire? Tutti vogliamo delle regole precise, adatte a tutti.

Purtroppo non è così.

L’essere umano è così complesso che non può essere limitato ad un unico regime alimentare, come d’altra parte appare evidente nella stessa famiglia, dove tutti sono costretti a mangiare le stesse cose, ma dove ogni componente, se facesse da sé, ne sceglierebbe di diverse, con diverso grado di cottura, oppure crude, calde, tiepide, fredde o bollenti (sia in senso positivo che negativo).

L’essere umano non ha l’intestino corto di un carnivoro, ma non ha l’intestino lungo ed i quattro stomaci della mucca erbivora, né i due stomaci degli uccelli che mangiano granaglie.

L’organismo dell’essere umano si è evoluto per riuscire a consumare di tutto (come il maiale) e questo suo pregio presenta anche un suo inevitabile limite: non è in grado di digerire perfettamente un tipo di cibo, perché non è specializzato.

Nella sua evoluzione, questo gli ha consentito di sopravvivere e di divenire la specie dominante, ma ha pagato tutto ci con quelle lotte intestine che ciascuno di noi ha imparato a conoscere.

Inoltre, i suoi livelli mentali superiori vi hanno aggiunto molti condizionamenti emozionali che gli causano somatizzazioni, rendendolo ancora più delicato.

Infine (ma solo per motivi di tempo), la civiltà ha portato ad accrescere esponenzialmente la varietà del cibo disponibile, la cultura e l’ingegno hanno portato le varie civiltà ad innesti ed incroci e il mondo industrializzato ad un cibo sempre meno naturale.

Il risultato è che non tutto il cibo disponibile è assimilabile da ciascuno, ma ogni persona riesce a digerire meglio un cibo, meno altri ed alcuni cibi diventano addirittura dannosi (che siano vegetali o animali).

Ognuno di noi deve divenire consapevole di quel che riesce a digerire e di quello che gli è difficile da digerire.

A volte questo è facile: l’appesantimento post-prandiale glielo mostra con chiarezza.

Ma altre volte è difficile, la persona è convinta di alimentarsi adeguatamente  arcimboldoe di digerire perfettamente, ma non è così ed analizzando gli intestini dopo 20 o  30 anni di alimentazione vegetariana, si possono verificare disastri come diverticoli, prolassi, per non parlare di fenomeni putrefattivi o fermentantivi ed inquinamento interno.

Attenzione, non sto dicendo che l’alimentazione vegetariana sia dannosa, ma solo che per alcuni lo è.

Il problema è percettivo (la persona non si sente a disagio) o psicologico (scarica le sue nevrosi in tal modo) o morale (mi nutro di certi cibi perché sono non violento) o religioso (i bramini DEVONO essere vegetariani), ecc.

Viceversa l’alimentazione deve essere scissa da ogni ideologia, capendo che il nostro organismo è unico e sa digerire solo certi cibi e certe combinazioni alimentari.

Concludo con una frase di Cicerone: “a quarant’anni ogni persona deve sapere ci che è buono per sé e ci che gli causa malattia”.

Perciò , imparate ad osservarvi e a non dare per scontato ci che leggete o vi viene detto…!

2 commenti su “Digerire è facile”

  1. bellissimo! In modo profondo, scientifico, esauriente e anche spiritoso questo articolo esprime proprio quello che penso, anzi, percepisco riguardo al cibo… Senza dogmatismi, eccessi o credo alimentari!
    (Parola di chi fino a un decennio fa aveva la digestione pesante e necessitava di … qualche ora di riposo postprandiale!)

I commenti sono chiusi.

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